Mi ha protetto sotta la sua ala, quando fragile mi affacciavo alla vita.
Una mamma, sola, sempre al lavoro ed io affidata a mani colme di amore, quelle dei miei nonni( nella foto la mia nonna giovane).
In quella casa, magica, ho vissuto per 11 anni. Poi in fondo è sempre stata “la mia casa”. Un porto sicuro, quello in cui ci siamo rifugiate, anni dopo, io e la mamma, scappate di casa, come nei film, per vicende familiari che oggi avrebbero scalpore mediatico.
All’asilo nel piccolo paese che costeggia il fiume Olona, ho frequentato con gioia spensierata, non ho quasi nessun ricordo, saranno sepolti negli angoli più reconditi della mia mente. Mi rimane il grande affetto, tangibile, che Carla, prova, ancor oggi per me. Quell’affetto che nonostante la distanza che ci separa non mi ha mai lasciato, neanche nei momenti più tristi. C’era quando è morta la nonna e c’era quando è morto il nonno.
C’era quando mi sono sposata, non manca un compleanno, con un augurio, un messaggio o una telefonata. Di tanto in tanto viene a trovarci e quando il viaggio da Brescia cade nei giorni festivi, abbiamo più tempo per stare insieme.
A tavola dopo un pranzo frugale (siamo tutti a dieta) mi sono trovata a chiedere come fosse Amanda da piccola. Non ho molti racconti esterni di come fossi, il nonno era piuttosto ermetico e comunque molto pragmatico nel valutare le situazioni. Devo dire che in tutti questi anni non ho mai avuto necessità di sapere che tipo di bambina fossi.
Non so per quale motivo sia arrivata a chiedere chi fosse Amanda, so solo che ho scoperto cose sconosciute e tanto tenere, come quando mi ha detto che ” mi bastavo”, ero abituata ad autoconsolarmi, sin da piccola, indipendente, leale e priva di sotterfugi. Altre affermazioni sono state solo una conferma. Tutti noi attorno al tavolo ad ascoltare, lei, saggia, che racconta quella che oggi è la moglie rompiscatole, la mamma ingombrante e la figlia eclettica.
Guarda il video :
Ho posto una domanda precisa : “Ti ricordi Carla?. E’vero quanto accaduto?”.
Ha annuito e se lo ricordava benissimo! Seminai il panico per diverse ore in tutto il paese!!
Un episodio”divertente” a raccontarlo oggi. Forse un pò meno nel momento in cui accade e con questo do l’idea di quanto fossi intraprendente :
Ne sono venuta a conoscenza poco prima che mi sposassi, per terze persone, la mia amica del cuore, quasi sorella, Deborah mi raccontò che all’età di tre anni, in un giorno qualunque, il mio nonno, come di consuetudine venne all’uscita della scuola per recuperarmi. Non mi trovò e nessuno sapeva dove fossi finita.
Potete solo immaginare il panico che affrontarono, tutti.
La mia mamma che era intenta ad intrecciare i rami di riso per le bomboniere del mio matrimonio, alzò gli occhi stupita perché non era a conoscenza di un fatto simile. Taciuto per così tanto tempo. Taciuto dal nonno e dalla nonna.
Ho interpellato quindi il nonno, che con un ghigno tra lo stupore per il fatto che sapessi di un episodio di cui non si parlò mai per una vita intera e il monito di qualcuno che sospirando mi ha portata ad essere un’adulta e pensa :” quante me ne hai fatte passare”.
Non ricordo un bacio di mio nonno, ma il suo amore per me era immenso, non ricordo una sberla, ma quel giorno presi tanti “sani” sculaccioni”!!
Ma dove sono finita quel giorno? Me lo hanno confermato il nonno allora e Carla la mia maestra d’asilo, proprio ieri, quando in un fiume di ricordi abbiamo affrontato tanti argomenti.
All’orario di uscita da scuola, tutti i nonni e i genitori vennero a prendere i lori bimbi, il nonno forse tardò qualche minuto ed io, nella mia testolina, pensai che forse era meglio tornare a casa, perché di passare la notte, lì, non ne avevo proprio voglia.
Presi le mie cose e mi incamminai.
Dovete però sapere che la casa del nonno è dalla parte opposta del paese e dell’asilo. A tre anni, mi immagino con un’abitino giallo, magari confezionato dalla nonna all’uncinetto. Quanto era brava, la nonna, vinse anche un concorso (l’ho saputo ieri), quanto era modesta e umile, non lo menzionò mai. Non riesco a ricordarmi quali scarpine avessi, se facesse caldo o freddo.
Attraversai il paese percorrendo la strada che affrontavo quotidianamente con il nonno, immagino che i negozi fossero chiusi, altrimenti mi avrebbero vista, avrò sicuramente avuto una memoria fotografica, con punti fermi di riferimento, la strada è un complesso intrigo di “viette”.
Mi chiedo: Qualcuno mi avrà vista passare? Non mi ha fermata? Non mi ha posto domande? O allertato le forze dell’ordine? Quanta fortuna ho avuto a non aver incontrato la persona sbagliata o ad essere travolta da qualche auto. Immagino tutto questo bailamme di pensieri funesti in chi nel panico non mi trovava. Ed io? avrò percepito di commettere un azzardo, una volta fuori dalle mura della scuola.
Avrò pensato di tornate indietro, ma come oggi, non mi giro mai e non guardo al passato, ma solo al futuro, quindi avrò scelto di continuare sulla mai strada. Avrò pensato di chiedere aiuto? Come oggi difficilmente lo faccio.
A quanto pare indisturbata, ho poi attraversato “lo stradone” che portava alla porzione agricola del paese dove tra i campi di grano e pochi fabbricati spuntava il mio nido d’amore. Non mi devo essere fatta distrarre e devo aver guardato attentamente prima “da una parte e poi dall’altra” che non sfrecciassero macchine. Oppure qualcuno si sarà fermato per farmi passare? Quanto è brutto non ricordare !!!uff!!
Immagino di essere arrivata a casa dalla nonna e chissà quale sgomento l’abbia assalita quando si accorse che il nonno non era con me. Cerco di immaginare le sue espressioni più disperate, ne ho molti di esempi, mi viene in mente solo il suo grande sorriso emiliano a trentadue denti. Niente di più confortante. Era bella la nonna, mora con i capelli lunghissimi sempre raccolti in una crocchia sulla nuca. In un dialetto piacentino avrà ringraziato tutti i suoi avi.
Non c’erano telefoni. Non c’era modo di comunicare. Posso solo comprendere, quando arrivò il nonno con il cuore in gola, forse colto dal dubbio che la sua “birba” di tre anni, forse, avrebbe potuto davvero farcela a rincasare, sola… mi vide sana e salva, si lasciò andare in quello che è stato forse il suo unico momento di perdita di controllo. Tuttavia tale è stato il suo amore nel tempo a venire che mai menzione fu fatta ne ho mai avuto ricordi negativi.
Qui vi lascio in questo bislacco blog ispirata dal racconto della “mia maestra d’asilo”. La stessa che non dimentica di ricordare i suoi più cari alunni con la preghiera di informarla su eventuali commenti.
Un abbraccio tutti coloro che vissero quella vicenda e e videro il lieto fine.
È uno dei pochi ricordi che ho della mia infanzia. Una cosa eclatante che mi raccontò nonna il giorno stesso… “Amanda è uscita da sola dall’asilo” mi disse e aggiunse: “il nonno la sta cercando”
Dopo qualche ora il lieto evento … “Amanda è andata a casa da sola!!!!” Da non crederci…
Io avevo 5 anni ed ho sempre saputo questa cosa che tu non ricordi affatto!!!!
Che bella storia, posso solo immaginare lo stato d’animo del nonno. Confermo che non ne ha mai parlato in 20 anni che ho avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo.
É perfetto così, perché autentico, sentito e raccontato in modo spontaneo, quasi a sentirti raccontare a voce la storia, senza artifici delle correzioni successive e fredde stesure di perfetta grammatica e gelido stile… grande, unica Amanda! ?
Ho letto con tenerezza mista a un pizzico di sano umorismo il tuo racconto dell’avventura di quel giorno… Tutti, da piccoli, abbiamo avuto, vissuto e fatto vivere ai nostri genitori, le nostre avventure. Ed anche io, da piccolo, all’età di sei anni circa, ho vissuto e fatto vivere, appunto, ai miei poveri genitori qualcosa di molto simile alla tua storia. Perché, devi sapere, che fino all’età di sei anni, vivevo con i miei genitori nella casa della nonna materna, la casa dove ero nato e cresciuto felice… poi, mio padre costruì la nostra casa e, così, fui “costretto” a seguire la mia famiglia. Ma il mio cuore era rimasto nella casa della nonna… e così, escogitai il sistema per tornarci senza sforzo: all’autista del pulmino della scuola che riportava, a fine mattinata, a casa noi bimbi di scuola elementare, chiesi di lasciarmi a casa della nonna, anziché casa mia, dei miei genitori… e così fece… ma, la prima volta che i miei non mi videro arrivare a casa, furono colti dal panico. La situazione rientrò quando mia nonna li chiamò per avvisarli e la paura si dissolse. Quella volta non volarono scappellotti o altro, mi capirono. E la cosa mi piacque talmente tanto che, successivamente, “dirottai” l’autista a casa della nonna ogni volta che ne sentivo il bisogno!
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7 Commenti
È uno dei pochi ricordi che ho della mia infanzia. Una cosa eclatante che mi raccontò nonna il giorno stesso… “Amanda è uscita da sola dall’asilo” mi disse e aggiunse: “il nonno la sta cercando”
Dopo qualche ora il lieto evento … “Amanda è andata a casa da sola!!!!” Da non crederci…
Io avevo 5 anni ed ho sempre saputo questa cosa che tu non ricordi affatto!!!!
chi più di te . tvb
Che bella storia, posso solo immaginare lo stato d’animo del nonno. Confermo che non ne ha mai parlato in 20 anni che ho avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo.
love
É perfetto così, perché autentico, sentito e raccontato in modo spontaneo, quasi a sentirti raccontare a voce la storia, senza artifici delle correzioni successive e fredde stesure di perfetta grammatica e gelido stile… grande, unica Amanda! ?
Ho letto con tenerezza mista a un pizzico di sano umorismo il tuo racconto dell’avventura di quel giorno… Tutti, da piccoli, abbiamo avuto, vissuto e fatto vivere ai nostri genitori, le nostre avventure. Ed anche io, da piccolo, all’età di sei anni circa, ho vissuto e fatto vivere, appunto, ai miei poveri genitori qualcosa di molto simile alla tua storia. Perché, devi sapere, che fino all’età di sei anni, vivevo con i miei genitori nella casa della nonna materna, la casa dove ero nato e cresciuto felice… poi, mio padre costruì la nostra casa e, così, fui “costretto” a seguire la mia famiglia. Ma il mio cuore era rimasto nella casa della nonna… e così, escogitai il sistema per tornarci senza sforzo: all’autista del pulmino della scuola che riportava, a fine mattinata, a casa noi bimbi di scuola elementare, chiesi di lasciarmi a casa della nonna, anziché casa mia, dei miei genitori… e così fece… ma, la prima volta che i miei non mi videro arrivare a casa, furono colti dal panico. La situazione rientrò quando mia nonna li chiamò per avvisarli e la paura si dissolse. Quella volta non volarono scappellotti o altro, mi capirono. E la cosa mi piacque talmente tanto che, successivamente, “dirottai” l’autista a casa della nonna ogni volta che ne sentivo il bisogno!
Semplicemente ♥️… ho corretto qualche errorino, ma lo lascio così buttato giù con la pancia … ???